Apologo
provvisorio ed irriverente in tre atti sull'ecologismo italiano
a
cura di Paolo Galletti
Atto
primo
Uno
spettro si aggira per l'Italia:
l'ecologismo
Mentre
in tutto il mondo i Presidenti, i Papi, le autorità religiose e
spirituali,gli scienziati, i capi politici pongono i temi
dell'ecologismo in cima ai loro pensieri,ai loro messaggi e più
raramente nelle loro azioni,in
Italia l'ecologismo è scomparso dal discorso pubblico a
cominciare dallo spazio pubblico dominante quello televisivo.
In
Francia Hulot mette insieme tutti gli ecologisti e gli uomini della
politica per discutere un programma concretissimo di governo basato
sull'ecologismo.
In
Italia nemmeno Piero Angela se la fila più l'ecologia.
Si
salvicchiano programmi sugli animali ed un ambiente italia in orario out:
imperversano invece disturbatori professionali di rettili.
Né
Vespa, né Santoro,n é Floris e nemmeno Telese si occupano di
cambiamento climatico né tanto meno di green economy.
Ci
resta Tozzi senza piccozza in un programma un po' goliardico sulla
sette. E Luca Mercalli da Fazio.
In
sostanza in tivù l'ecologismo viene presentato come un hobby per
fissati animalisti o salutisti ed
al più un condimento che si può aggiungere a piacere: un pizzico di
maggiorana.
Non
parliamo poi della politica: le sue grandi narrazioni sono oramai
storielle e barzellette se non gossip: un
poco di ecologismo inoffensivo non si nega a nessuno a destra o a
sinistra.
La
Brambilla che vive con una tribù di animali, Vendola che nel
rinascimento della Sinistra( l'ennesimo tentativo di risuscitare il
morto) mette
anche lui nell'elenco il tema ambientale: ma è subordinato ad altre
priorità: il lavoro, i diritti...
Grillo
nell'elenco di forconi e badili che fornisce al popolo di internet per
assaltare la casta mette anche la falce fienaia dell' ecologismo più radicale.
Ma
è solo uno strumento in più per la ribellione populistica, non è
un progetto di società che morde radicalmente le chiappe anche del
popolo ribelle ,oltre che dei feudatari.
Che
fare in questo desolante panorama?
Intanto
riacquistiamo una visione.
Senza
visione dove andiamo?
Atto
secondo
Una
nuova visione del mondo
I
Greens sono ormai ovunque nel mondo: la loro visione è la stessa.
Ci
sono sfumature,varietà autoctone,biodiversità politiche ma
nell'insieme il
panorama è chiaro.
L'orizzonte
ecologista è definito: ogni giorno un passo verso quella direzione.
Che
cosa definisce questo orizzonte?
Semplice:
la contraddizione uomo natura. Oggi che la civiltà industriale
consumistica è arrivata a presentare il conto: a rischio di
estinzione non è il panda ma la specie umana-
Una
specie animale, quella umana, dotata di strumenti esosomatici sempre
più complessi ed autonomi (c'è chi sostiene che oggi siamo in
balia della Tecnica), che ha inventato forme di società e di
economia che oggi non sono più materialmente sostenibili.
Quest'anno
il 21 agosto abbiamo già consumato tutte le risorse che il Pianeta
ci offre e viviamo a credito.
Insomma:
oggi la contraddizione principale non per la società italiana ma
per la specie umana è quella ecologista.
In
Italia non la vede quasi nessuno: qualche tornado sulla padania,la
bolla africana, siccità e alluvioni... ma anche “non si possono
più vendere milioni di automobili”: temi noiosi e spinosi da
evitare.
Al
massimo utili per propagandare le centrali nucleari “che non
inquinano..”
Gli
scienziati forse la vedono ma in Italia li abbiamo lasciati
nell'oblio o al massimo umiliati in contraddittori fintamente
democratici con ciarlatani.
Quindi,
se si vuole offrire una occasione per far rinascere vigoroso il
movimento ecologista italiano occorre offrire la visione ecologista.
Netta, chiara, definita, determinata, scomoda
ma vera e praticabile.
Basta
con l'ecologismo di sua maestà:a ccomodante e compatibile.
L'ecologismo
è scomodo ma necessario: cambiare l'agricoltura,l'industria,la
mobilità,l'abitare,l'energia, ma anche i rapporti sociali in modo da
superare la contraddizione ecologista non sarà facile né sempre
divertente: Ma sarà l'unica possibilità di salvare la pelle alla
specie umana:una reazione vitale alla cultura di morte dominante.
E'
quindi inevitabile operare innanzitutto sul pensiero ecologista in
salsa italiana: alle delizie della politica ci dedicheremo di
conseguenza.
L'egemonia
culturale mediatica dell'ecologismo italiano è stata quella di
Legambiente :il wwf, che pure ha persone idee e collegamenti
internazionali molto più autorevoli non ha sfondato in Italia sui
media.
Solo
negli anni ottanta l'esperienza delle Università Verdi combatté e
minacciò questa egemonia per un breve periodo.
Aldo
Sacchetti si affermò allora come riferimento per un pensiero
ecologista maturo e indipendente.
E
prima il club di Roma aveva suonato la sveglia, subito spenta dai
soliti noti teorizzatori delle compatibilità Ermete
Realacci al Costanzo show, come un ragionevole orsetto sapiente vinse
ahimè la battaglia.
E
il ministro verde Ronchi realizzò la politica di Legambiente (vedi anche rottamazione auto senza condizioni).
Un
comitato scientifico di tutto rispetto quello di Legambiente di
allora (Laura Conti parlava di autarchia agricola!) ma alla fine
della fiera appariva un ambientalismo ragionevole, facile da realizzare, tutto sommato aggiuntivo all'esistente.
Tant'è
vero che l'allora presidente Chicco Testa teorizzava l'ecologia come
un lusso dei ricchi, mentre invece è in primis una necessità dei
poveri.
La
cultura dello sviluppo sostenibile,realacci e barilla,ha ucciso nella
culla il neonato pensiero ecologista italiano.
Alcuni
per reazione si sono rifugiati in un fondamentalismo in salsa
italiana: una decrescita infelice con yogurt fatti in
casa,estremismi animalisti e bricolage del moralismo:una comoda
macchietta per chi non vuole ecologisti politici tra i piedi.
Oggi
che Legambiente non ha più quel comitato scientifico e
dopo che la capra del PD si è mangiata i cavoli degli ecodem anche
l'egemonia culturale di Legambiente è finita.
Ma, mentre avanzano falci e forconi dell'armata di Grillo, occorre impegnare
le migliori menti di varie generazioni per portare in Italia,magari
con caratteristiche indigene, il libero pensiero ecologista.
Un
pensiero che non è una costola della sinistra,anche se declina in un
modo adeguato ai tempi gli ideali della rivoluzione francese: liberté, egalité, fraternité.
Ma
senza acqua potabile o terreno fertile o energia pulita che
libertà,fraternità o uguaglianza possiamo realizzare?
Fallito
lo sviluppo sostenibile oggi occorre preparare l'uscita meno
dolorosa possibile da questo modello sociale, costruendo una società
dove con meno merci inutili e dannose si viva meglio ,avendo anche
più cose utili durature e gestibili con autonomia dal basso come i
pannelli fotovoltaici diffusi.
Togliere
il primato all'economia, ripartire da Georgescu, Roegen, Bateson, Schumacher.
E
Hans Jonas.
Rileggere
Aldo Sacchetti ma anche Laura Conti.
Ripartire
da Alexander Langer: oggi perfino la conferenza episcopale italiana
parla di “conversione ecologica” nell'ambito della sua
campagna, ripresa dal messaggio di capodanno del Papa, “se vuoi la
pace custodisci il creato”.
E
scrivere,scrivere, non solo di attualità.
Una
nuova visione del mondo prende forma sotto i nostri occhi, ma
solo se avremo occhi nuovi potremo vederla nitidamente.
Abbiamo
bisogno di un orizzonte anche per muovere il primo passo nella giusta
direzione.
Apriamo
le eco-scuole: i giovani arrivano ,l'abbiamo sperimentato.
Insegnare
ed apprendere insieme guardando ai maestri del pensiero ecologista e
studiando gli scienziati seri dell'ecologismo.
Bisogna
saperne una più degli altri: la competenza è d'obbligo.
I
luoghi comuni abbandoniamoli per creare nuovi veri luoghi comuni.
“L'ecologia
ha il merito di portarci a modificare i nostri pensieri e le nostre
azioni rispetto alla natura. Certo,questa modificazione è lungi
dall'essere compiuta: alla visione di un universo di oggetti che
l'uomo è destinato a manipolare ed asservire non si è ancora
davvero sostituita la visione di una natura viva di cui bisogna
rispettare le regole e le diversità. Alla visione di un uomo
soprannaturale non si è ancora sostituita la visione della nostra
interdipendenza complessa con il mondo vivente,la morte del quale
significherebbe la nostra morte.
..
e se è vero che il corso della nostra civiltà,diventata
globale,conduce verso l'abisso e che dobbiamo cambiare strada,tutte
queste strade nuove dovrebbero convergere per costruire una grande
strada che conduca, più che ad una rivoluzione, ad una metamorfosi.
Perché quando un sistema non è capace di trattare i suoi problemi
vitali o si disintegra o produce un metasistema più ricco,capace di
trattarli.”
(Edgar Morin, Le Monde 9 giugno 2009)
Atto
terzo
la
parabola politica dei Verdi italiani
La
parabola politica dei Verdi italiani è
tragicamente istruttiva.
Partiti
davvero dal basso all'inizio degli anni ottanta: le liste verdi nate
su mille vertenze locali (come le burgeriniziativen tedesche) ma con
un pensiero globale (tante riviste: smog e dintorni, la malalingua, papir, la malaerba) e con il supporto teorico didattico
delle università verdi resistono
all'entrismo radicale di Pannella (mitico delegato di una lista
verde campana), sono preda di un certo populismo ma entrano in
parlamento e qui si comportano bene (se pur con un eccesso di
conflittualità interna), Referendum antinucleare vinto, raccolta
firme per referendum contro caccia e pesticidi, campagna per
l'adriatico... una presenza nelle lotte sociali contro
l'inquinamento, Montedison in primis.
Ma
anche la costruzione del consenso per l'agricoltura biologica o
per i diritti degli animali o contro gli ogm.
Insomma
ci siamo, con tutti i problemi di un magma allo stato nascente.
Poi
la crisi del partito radicale e di democrazia proletaria lascia
disoccupata una fetta di ceto politico che decide di migrare in massa
nei verdi. Rutelli e Ronchi sono i loro massimi esponenti.
Ma
purtroppo invece di essere lievito per questo magma questo ceto
politico nazionale (ai livelli locali spesso invece le cose
funzionano) conduce con mano ferma i verdi alla progressiva
omologazione nel sistema politico.
I
verdi italiani perdono,insieme alla ingenuità a volte pasticciona
dei primi anni, anche l'anima selvatica, quel portainnesto necessario
perché la pianta cresca sana e porti frutti.
L'unificazione
del sole che ride con i verdi arcobaleno (divisi alle europee del 99
avevano raggiunto il 6 per cento) ingloba gli ecologisti italiani nel
sistema politico politicante.
Il
primo segno: da undici coordinatori si passa ad un unico portavoce: lo
statuto formalmente federale costruisce progressivamente un partito
vero e proprio fondato sulle tessere.
La
sconfitta per mancanza di quorum del referendum sui pesticidi abbinato
malamente a quello contro la caccia (i cacciatori, allora fortissimi
si mobilitano) chiude la fase movimentista.
Il
crollo del muro di Berlino fa crollare i partiti della prima
repubblica ma i verdi non si pongono nel loro insieme come
alternativa.
Inseguono
la collocazione certa di un ceto politico.
Ci
sono le eccezioni e le opposizioni ma vengono quasi sempre sconfitte.
L'illusione
maggioritaria, sposata da Rutelli, che oggi invoca il proporzionale
per la sua API, porta i verdi nel vicolo cieco delle alleanze
obbligate: alleanza democratica o verdi, rete rifondazione?
Ripa
di Meana viene eletto per portare i Verdi in alleanza democratica.
Il
progetto fallisce ma poi, dopo il referendum di Segni diventa quasi
obbligata l'alleanza con i progressisti di Occhetto, nel cui gruppo
si collocano i verdi alla camera dei deputati.
I
verdi eleggono solo nella quota maggioritari dei collegi
uninominali. Nella quota proporzionale non superano il tre per cento.
Rutelli diventa il primo sindaco verde di Roma: si fa fotografare in
motorino. Non sa che un motorino a due tempi inquina come otto auto
circa. Ecco la moneta falsa spacciata provvisoriamente per vera.
Arriva
poi il primo ulivo di Prodi con le sue speranze e le sue
realizzazioni. Anche qui i Verdi eleggono solo nei collegi
uninominali; nel proporzionale poco più del 2 per cento.
Caduto Prodi si cade sempre più in basso con i governi D'Alema 1 e 2 e con
Amato.
D'Alema deve appoggiare la guerra democratica in Kossovo, forse Prodi
non dava abbastanza garanzie: solo quattro deputati verdi si oppongono
alla guerra: Gardiol Leccese,Cento e Galletti.
Alla
caduta di Prodi inizialmente Manconi propone le giuste elezioni ma
poi si adegua alla alleanza con Mastella e Cossiga.
Intanto
in quasi tutti i livelli locali i Verdi da oppositori sono diventati
assessori, a volte con notevoli performances, a volte con tristi
figure.
Manconi
viene eletto portavoce con 6 voti di scarto contro Pecoraro Scanio ma
è il Ministro Ronchi l'uomo forte del partito.
Dopo
il magro risultato alle europee del 99 (ma con due eletti) Manconi
viene dimesso e la maggioranza dei maggiorenti del partito invoca un
podestà esterno con pieni poteri, anzi una podestà: l'ex presidente
del WWF Grazia Francescato.
Nel
frattempo Francesco Rutelli, sindaco verde di Roma, lascia l'allegra
compagnia senza nemmeno un biglietto di spiegazioni e continua
su un altro autobus la sua carriera.
L'arrivo
della Francescato sna il trionfo del grottesco: a Chianciano terme
con torme di pullman di fantomatici iscritti (a centomila la
tessera) campani con “il Giornale “sottobraccio.
D'Alema
sponsorizza Francescato sentenziando che la politica si nutre di
carne fresca.
Il
residuo decoro di un corpo politico, pur gravato di errori esiziali, si perde in quella occasione e da qui il declino diventa
inarrestabile.
Francescato
caccia subito, nella formazione del governo Amato, uno dei suoi
sponsor più convinti (Ronchi) dal ministero dell'ambiente (che
verrà dato a Bordon) e piazza il suo vero sponsor Alfonso al
ministero dell'agricoltura.
Per
la prima volta i deputati e senatori verdi votano, in una riunione
interna la proposta di un appoggio esterno al governo Amato (proposta che riceve 5 voti).
Ma
questo è solo l'assaggio della mattanza dei verdi storici in
parlamento operata dalla podestà nel 2001.
Purtroppo
gli epurati si lasciano perlopiù epurare senza combattere e molti
lasciano i verdi attratti dal nascente pd che li mangia e digerisce
molto in fretta: anche questa una brutta pagina di storia dei
politici ecologisti.
I
subentranti, amici stretti, non sono all'altezza con poche eccezioni.
I
Verdi poi lasciano, senza spiegazioni l'Ulivo, del quale erano uno dei
tre fondatori (insieme al PDS ed ai Popolari) alla gestione
fallimentare dei cattocomunisti.
Nel
frattempo brucia la fiammata no global e i verdi si intruppano
acriticamente: ma non guidano il movimento, non si differenziano su
temi cruciali come la nonviolenza e subiscono l'egemonia del
bertinottismo o del toninegrismo.
Comincia
l'autoreclusione nella riserva indiana della cosiddetta sinistra
radicale.
Ma
un partito di assessori e aspiranti ministri, non sempre all'altezza
del compito, non risulta sempre credibile nella galassia noglobal che
peraltro brucia velocemente le sue chances.
Tanto
più che Pecoraro Scanio riprende in mano la baracca e con i suoi
boys occupa militarmente quanto resta dei Verdi.
Eccolo
quindi presidente dei Verdi e Ministro dell'ambiente nel secondo
traballante governo Prodi. Eccolo caracollare da una tivù all'altra
con i suoi luoghi comuni di un ambientalismo di comodo, magari con
sparate estremistiche che fanno a pugni con la sua pratica
compatibile. Un perfetto esemplare della “casta”, un perfetto
capro espiatorio della casta. Con la sua sovraesposizione mediatica
costruisce inconsapevolmente la sua rovina. Anche i suoi meriti (come il conto energia) vengono cancellati dalla vicenda rifiuti in
Campania.
Lo
vedo ancora stretto tra un Vespa incalzante ed una sfinge
Bassolino: incastrato per sempre allo scempio rifiuti.
Politicamente
alla frutta, quel che resta del ceto politico nazionale dei Verdi si
lascia affascinare dalla sirena Bertinotti con la sua proposta
delirante di opposizione garantita al 12 per cento e quindi con
posti garantiti ai naufraghi verdi.
L'ideologia
in saldo no global offre l'alibi a questa operazione arcobaleno che
gli elettori non gradiscono lasciando senza sedia i nostri eroi.
Ma
al peggio non c'è fine: alle europee si propone sinistra e libertà:
altro fiasco.
Solo
a questo punto si coagula una opposizione interna consistente che
però non riuscirà a impedire la elezione a Presidente della
ritornante Francescato:
Solo
dopo un ulteriore anno si costruirà una maggioranza che vuole rifare
i verdi superando i verdi attuali con una costituente ecologista e
impedire lo scioglimento in sinistra e libertà, che ha nel frattempo
accolto vari transfughi verdi aggiungendo la parola ”ecologia”.
Questa
compagnia che ha eletto nuovo presidente Angelo Bonelli, non è
priva al suo interno di problemi e contraddizioni avendo anche alcuni
esponenti che seguivano a suo tempo Pecoraro Scanio.
La
proposta politica è chiara: costruire in Italia una costituente
ecologista di modello europeo.
Perché
mentre l'albero verde declinava, crescevano,
anche nella società italiana innumerevoli piantine rigogliose di
pratiche ecologiste nel modo di vivere, di creare lavoro e ricchezza:
nessuno le rappresentava adeguatamente,anzi nessuno se le filava se
non per motivi contingenti e strumentali.
Sorgerà
una foresta di alberi nuovi e forti che si metterà in cammino come
nella tragedia di Shakespeare la foresta di Birnam o ricorderemo
soltanto il rumore dell'albero verde caduto, roso dai parassiti?
La
risposta alla prossima puntata.
Paolo
Galletti
Mazza oh, l'ho letto tutto! (Però Paolo.. la prossima volta...più sintesi!)
RispondiEliminaE' un saggio di qualche anno fa pubblicato su la rivista Lo Straniero diretta da Goffredo Fofi. E' anche troppo breve per l'argomento che tratta. Servirebbe un libro.ma servirebbe il tempo per scriverlo.paolo
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