domenica 10 settembre 2017

L'albero che cade e la foresta che cresce


Apologo provvisorio ed irriverente in tre atti sull'ecologismo italiano

a cura di Paolo Galletti

Atto primo

Uno spettro si aggira per l'Italia:

l'ecologismo



Mentre in tutto il mondo i Presidenti, i Papi, le autorità religiose e spirituali,gli scienziati, i capi politici pongono i temi dell'ecologismo in cima ai loro pensieri,ai loro messaggi e più raramente nelle loro azioni,in Italia l'ecologismo è scomparso dal discorso pubblico a cominciare dallo spazio pubblico dominante quello televisivo.

In Francia Hulot mette insieme tutti gli ecologisti e gli uomini della politica per discutere un programma concretissimo di governo basato sull'ecologismo.

In Italia nemmeno Piero Angela se la fila più l'ecologia.
Si salvicchiano programmi sugli animali ed un ambiente italia in orario out: imperversano invece disturbatori professionali di rettili.

Né Vespa, né Santoro,n é Floris e nemmeno Telese si occupano di cambiamento climatico né tanto meno di green economy.

Ci resta Tozzi senza piccozza in un programma un po' goliardico sulla sette. E Luca Mercalli da Fazio.

In sostanza in tivù l'ecologismo viene presentato come un hobby per fissati animalisti o salutisti ed al più un condimento che si può aggiungere a piacere: un pizzico di maggiorana.

Non parliamo poi della politica: le sue grandi narrazioni sono oramai storielle e barzellette se non gossip: un poco di ecologismo inoffensivo non si nega a nessuno a destra o a sinistra.

La Brambilla che vive con una tribù di animali, Vendola che nel rinascimento della Sinistra( l'ennesimo tentativo di risuscitare il morto) mette anche lui nell'elenco il tema ambientale: ma è subordinato ad altre priorità: il lavoro, i diritti...

Grillo nell'elenco di forconi e badili che fornisce al popolo di internet per assaltare la casta mette anche la falce fienaia dell' ecologismo più radicale.

Ma è solo uno strumento in più per la ribellione populistica, non è un progetto di società che morde radicalmente le chiappe anche del popolo ribelle ,oltre che dei feudatari.

Che fare in questo desolante panorama?

Intanto riacquistiamo una visione.

Senza visione dove andiamo?





Atto secondo

Una nuova visione del mondo



I Greens sono ormai ovunque nel mondo: la loro visione è la stessa.

Ci sono sfumature,varietà autoctone,biodiversità politiche ma nell'insieme il panorama è chiaro.

L'orizzonte ecologista è definito: ogni giorno un passo verso quella direzione.

Che cosa definisce questo orizzonte?

Semplice: la contraddizione uomo natura. Oggi che la civiltà industriale consumistica è arrivata a presentare il conto: a rischio di estinzione non è il panda ma la specie umana-

Una specie animale, quella umana, dotata di strumenti esosomatici sempre più complessi ed autonomi (c'è chi sostiene che oggi siamo in balia della Tecnica), che ha inventato forme di società e di economia che oggi non sono più materialmente sostenibili.

Quest'anno il 21 agosto abbiamo già consumato tutte le risorse che il Pianeta ci offre e viviamo a credito.

Insomma: oggi la contraddizione principale non per la società italiana ma per la specie umana è quella ecologista.

In Italia non la vede quasi nessuno: qualche tornado sulla padania,la bolla africana, siccità e alluvioni... ma anche “non si possono più vendere milioni di automobili”: temi noiosi e spinosi da evitare.

Al massimo utili per propagandare le centrali nucleari “che non inquinano..”

Gli scienziati forse la vedono ma in Italia li abbiamo lasciati nell'oblio o al massimo umiliati in contraddittori fintamente democratici con ciarlatani.

Quindi, se si vuole offrire una occasione per far rinascere vigoroso il movimento ecologista italiano occorre offrire la visione ecologista.

Netta, chiara, definita, determinata, scomoda ma vera e praticabile.

Basta con l'ecologismo di sua maestà:a ccomodante e compatibile.

L'ecologismo è scomodo ma necessario: cambiare l'agricoltura,l'industria,la mobilità,l'abitare,l'energia, ma anche i rapporti sociali in modo da superare la contraddizione ecologista non sarà facile né sempre divertente: Ma sarà l'unica possibilità di salvare la pelle alla specie umana:una reazione vitale alla cultura di morte dominante.

E' quindi inevitabile operare innanzitutto sul pensiero ecologista in salsa italiana: alle delizie della politica ci dedicheremo di conseguenza.

L'egemonia culturale mediatica dell'ecologismo italiano è stata quella di Legambiente :il wwf, che pure ha persone idee e collegamenti internazionali molto più autorevoli non ha sfondato in Italia sui media.

Solo negli anni ottanta l'esperienza delle Università Verdi combatté e minacciò questa egemonia per un breve periodo.

Aldo Sacchetti si affermò allora come riferimento per un pensiero ecologista maturo e indipendente.

E prima il club di Roma aveva suonato la sveglia, subito spenta dai soliti noti teorizzatori delle compatibilità Ermete Realacci al Costanzo show, come un ragionevole orsetto sapiente vinse ahimè la battaglia.

E il ministro verde Ronchi realizzò la politica di Legambiente (vedi anche rottamazione auto senza condizioni).

Un comitato scientifico di tutto rispetto quello di Legambiente di allora (Laura Conti parlava di autarchia agricola!) ma alla fine della fiera appariva un ambientalismo ragionevole, facile da realizzare, tutto sommato aggiuntivo all'esistente.

Tant'è vero che l'allora presidente Chicco Testa teorizzava l'ecologia come un lusso dei ricchi, mentre invece è in primis una necessità dei poveri.

La cultura dello sviluppo sostenibile,realacci e barilla,ha ucciso nella culla il neonato pensiero ecologista italiano.

Alcuni per reazione si sono rifugiati in un fondamentalismo in salsa italiana: una decrescita infelice con yogurt fatti in casa,estremismi animalisti e bricolage del moralismo:una comoda macchietta per chi non vuole ecologisti politici tra i piedi.

Oggi che Legambiente non ha più quel comitato scientifico e dopo che la capra del PD si è mangiata i cavoli degli ecodem anche l'egemonia culturale di Legambiente è finita.

Ma, mentre avanzano falci e forconi dell'armata di Grillo, occorre impegnare le migliori menti di varie generazioni per portare in Italia,magari con caratteristiche indigene, il libero pensiero ecologista.

Un pensiero che non è una costola della sinistra,anche se declina in un modo adeguato ai tempi gli ideali della rivoluzione francese: liberté, egalité, fraternité.

Ma senza acqua potabile o terreno fertile o energia pulita che libertà,fraternità o uguaglianza possiamo realizzare?

Fallito lo sviluppo sostenibile oggi occorre preparare l'uscita meno dolorosa possibile da questo modello sociale, costruendo una società dove con meno merci inutili e dannose si viva meglio ,avendo anche più cose utili durature e gestibili con autonomia dal basso come i pannelli fotovoltaici diffusi.

Togliere il primato all'economia, ripartire da Georgescu, Roegen, Bateson, Schumacher.

E Hans Jonas.

Rileggere Aldo Sacchetti ma anche Laura Conti.

Ripartire da Alexander Langer: oggi perfino la conferenza episcopale italiana parla di “conversione ecologica” nell'ambito della sua campagna, ripresa dal messaggio di capodanno del Papa, “se vuoi la pace custodisci il creato”.

E scrivere,scrivere, non solo di attualità.

Una nuova visione del mondo prende forma sotto i nostri occhi, ma solo se avremo occhi nuovi potremo vederla nitidamente.

Abbiamo bisogno di un orizzonte anche per muovere il primo passo nella giusta direzione.

Apriamo le eco-scuole: i giovani arrivano ,l'abbiamo sperimentato.

Insegnare ed apprendere insieme guardando ai maestri del pensiero ecologista e studiando gli scienziati seri dell'ecologismo.

Bisogna saperne una più degli altri: la competenza è d'obbligo.

I luoghi comuni abbandoniamoli per creare nuovi veri luoghi comuni.



L'ecologia ha il merito di portarci a modificare i nostri pensieri e le nostre azioni rispetto alla natura. Certo,questa modificazione è lungi dall'essere compiuta: alla visione di un universo di oggetti che l'uomo è destinato a manipolare ed asservire non si è ancora davvero sostituita la visione di una natura viva di cui bisogna rispettare le regole e le diversità. Alla visione di un uomo soprannaturale non si è ancora sostituita la visione della nostra interdipendenza complessa con il mondo vivente,la morte del quale significherebbe la nostra morte.

.. e se è vero che il corso della nostra civiltà,diventata globale,conduce verso l'abisso e che dobbiamo cambiare strada,tutte queste strade nuove dovrebbero convergere per costruire una grande strada che conduca, più che ad una rivoluzione, ad una metamorfosi. Perché quando un sistema non è capace di trattare i suoi problemi vitali o si disintegra o produce un metasistema più ricco,capace di trattarli.

(Edgar Morin, Le Monde 9 giugno 2009)





Atto terzo

la parabola politica dei Verdi italiani





La parabola politica dei Verdi italiani è tragicamente istruttiva.

Partiti davvero dal basso all'inizio degli anni ottanta: le liste verdi nate su mille vertenze locali (come le burgeriniziativen tedesche) ma con un pensiero globale (tante riviste: smog e dintorni, la malalingua, papir, la malaerba) e con il supporto teorico didattico delle università verdi resistono all'entrismo radicale di Pannella (mitico delegato di una lista verde campana), sono preda di un certo populismo ma entrano in parlamento e qui si comportano bene (se pur con un eccesso di conflittualità interna), Referendum antinucleare vinto, raccolta firme per referendum contro caccia e pesticidi, campagna per l'adriatico... una presenza nelle lotte sociali contro l'inquinamento, Montedison in primis.

Ma anche la costruzione del consenso per l'agricoltura biologica o per i diritti degli animali o contro gli ogm.



Insomma ci siamo, con tutti i problemi di un magma allo stato nascente.

Poi la crisi del partito radicale e di democrazia proletaria lascia disoccupata una fetta di ceto politico che decide di migrare in massa nei verdi. Rutelli e Ronchi sono i loro massimi esponenti.

Ma purtroppo invece di essere lievito per questo magma questo ceto politico nazionale (ai livelli locali spesso invece le cose funzionano) conduce con mano ferma i verdi alla progressiva omologazione nel sistema politico.

I verdi italiani perdono,insieme alla ingenuità a volte pasticciona dei primi anni, anche l'anima selvatica, quel portainnesto necessario perché la pianta cresca sana e porti frutti.

L'unificazione del sole che ride con i verdi arcobaleno (divisi alle europee del 99 avevano raggiunto il 6 per cento) ingloba gli ecologisti italiani nel sistema politico politicante.

Il primo segno: da undici coordinatori si passa ad un unico portavoce: lo statuto formalmente federale costruisce progressivamente un partito vero e proprio fondato sulle tessere.

La sconfitta per mancanza di quorum del referendum sui pesticidi abbinato malamente a quello contro la caccia (i cacciatori, allora fortissimi si mobilitano) chiude la fase movimentista.

Il crollo del muro di Berlino fa crollare i partiti della prima repubblica ma i verdi non si pongono nel loro insieme come alternativa.

Inseguono la collocazione certa di un ceto politico.

Ci sono le eccezioni e le opposizioni ma vengono quasi sempre sconfitte.

L'illusione maggioritaria, sposata da Rutelli, che oggi invoca il proporzionale per la sua API, porta i verdi nel vicolo cieco delle alleanze obbligate: alleanza democratica o verdi, rete rifondazione?

Ripa di Meana viene eletto per portare i Verdi in alleanza democratica.

Il progetto fallisce ma poi, dopo il referendum di Segni diventa quasi obbligata l'alleanza con i progressisti di Occhetto, nel cui gruppo si collocano i verdi alla camera dei deputati.

I verdi eleggono solo nella quota maggioritari dei collegi uninominali. Nella quota proporzionale non superano il tre per cento. Rutelli diventa il primo sindaco verde di Roma: si fa fotografare in motorino. Non sa che un motorino a due tempi inquina come otto auto circa. Ecco la moneta falsa spacciata provvisoriamente per vera.

Arriva poi il primo ulivo di Prodi con le sue speranze e le sue realizzazioni. Anche qui i Verdi eleggono solo nei collegi uninominali; nel proporzionale poco più del 2 per cento.

Caduto Prodi si cade sempre più in basso con i governi D'Alema 1 e 2 e con Amato.

D'Alema deve appoggiare la guerra democratica in Kossovo, forse Prodi non dava abbastanza garanzie: solo quattro deputati verdi si oppongono alla guerra: Gardiol Leccese,Cento e Galletti.

Alla caduta di Prodi inizialmente Manconi propone le giuste elezioni ma poi si adegua alla alleanza con Mastella e Cossiga.

Intanto in quasi tutti i livelli locali i Verdi da oppositori sono diventati assessori, a volte con notevoli performances, a volte con tristi figure.

Manconi viene eletto portavoce con 6 voti di scarto contro Pecoraro Scanio ma è il Ministro Ronchi l'uomo forte del partito.

Dopo il magro risultato alle europee del 99 (ma con due eletti) Manconi viene dimesso e la maggioranza dei maggiorenti del partito invoca un podestà esterno con pieni poteri, anzi una podestà: l'ex presidente del WWF Grazia Francescato.

Nel frattempo Francesco Rutelli, sindaco verde di Roma, lascia l'allegra compagnia senza nemmeno un biglietto di spiegazioni e continua su un altro autobus la sua carriera.

L'arrivo della Francescato sna il trionfo del grottesco: a Chianciano terme con torme di pullman di fantomatici iscritti (a centomila la tessera) campani con “il Giornale “sottobraccio.

D'Alema sponsorizza Francescato sentenziando che la politica si nutre di carne fresca.

Il residuo decoro di un corpo politico, pur gravato di errori esiziali, si perde in quella occasione e da qui il declino diventa inarrestabile.

Francescato caccia subito, nella formazione del governo Amato, uno dei suoi sponsor più convinti (Ronchi) dal ministero dell'ambiente (che verrà dato a Bordon) e piazza il suo vero sponsor Alfonso al ministero dell'agricoltura.

Per la prima volta i deputati e senatori verdi votano, in una riunione interna la proposta di un appoggio esterno al governo Amato (proposta che riceve 5 voti).

Ma questo è solo l'assaggio della mattanza dei verdi storici in parlamento operata dalla podestà nel 2001.

Purtroppo gli epurati si lasciano perlopiù epurare senza combattere e molti lasciano i verdi attratti dal nascente pd che li mangia e digerisce molto in fretta: anche questa una brutta pagina di storia dei politici ecologisti.

I subentranti, amici stretti, non sono all'altezza con poche eccezioni.

I Verdi poi lasciano, senza spiegazioni l'Ulivo, del quale erano uno dei tre fondatori (insieme al PDS ed ai Popolari) alla gestione fallimentare dei cattocomunisti.

Nel frattempo brucia la fiammata no global e i verdi si intruppano acriticamente: ma non guidano il movimento, non si differenziano su temi cruciali come la nonviolenza e subiscono l'egemonia del bertinottismo o del toninegrismo.

Comincia l'autoreclusione nella riserva indiana della cosiddetta sinistra radicale.

Ma un partito di assessori e aspiranti ministri, non sempre all'altezza del compito, non risulta sempre credibile nella galassia noglobal che peraltro brucia velocemente le sue chances.

Tanto più che Pecoraro Scanio riprende in mano la baracca e con i suoi boys occupa militarmente quanto resta dei Verdi.

Eccolo quindi presidente dei Verdi e Ministro dell'ambiente nel secondo traballante governo Prodi. Eccolo caracollare da una tivù all'altra con i suoi luoghi comuni di un ambientalismo di comodo, magari con sparate estremistiche che fanno a pugni con la sua pratica compatibile. Un perfetto esemplare della “casta”, un perfetto capro espiatorio della casta. Con la sua sovraesposizione mediatica costruisce inconsapevolmente la sua rovina. Anche i suoi meriti (come il conto energia) vengono cancellati dalla vicenda rifiuti in Campania.

Lo vedo ancora stretto tra un Vespa incalzante ed una sfinge Bassolino: incastrato per sempre allo scempio rifiuti.

Politicamente alla frutta, quel che resta del ceto politico nazionale dei Verdi si lascia affascinare dalla sirena Bertinotti con la sua proposta delirante di opposizione garantita al 12 per cento e quindi con posti garantiti ai naufraghi verdi.

L'ideologia in saldo no global offre l'alibi a questa operazione arcobaleno che gli elettori non gradiscono lasciando senza sedia i nostri eroi.

Ma al peggio non c'è fine: alle europee si propone sinistra e libertà: altro fiasco.

Solo a questo punto si coagula una opposizione interna consistente che però non riuscirà a impedire la elezione a Presidente della ritornante Francescato:

Solo dopo un ulteriore anno si costruirà una maggioranza che vuole rifare i verdi superando i verdi attuali con una costituente ecologista e impedire lo scioglimento in sinistra e libertà, che ha nel frattempo accolto vari transfughi verdi aggiungendo la parola ”ecologia”.

Questa compagnia che ha eletto nuovo presidente Angelo Bonelli, non è priva al suo interno di problemi e contraddizioni avendo anche alcuni esponenti che seguivano a suo tempo Pecoraro Scanio.

La proposta politica è chiara: costruire in Italia una costituente ecologista di modello europeo.

Perché mentre l'albero verde declinava, crescevano, anche nella società italiana innumerevoli piantine rigogliose di pratiche ecologiste nel modo di vivere, di creare lavoro e ricchezza: nessuno le rappresentava adeguatamente,anzi nessuno se le filava se non per motivi contingenti e strumentali.

Sorgerà una foresta di alberi nuovi e forti che si metterà in cammino come nella tragedia di Shakespeare la foresta di Birnam o ricorderemo soltanto il rumore dell'albero verde caduto, roso dai parassiti?

La risposta alla prossima puntata.



Paolo Galletti


2 commenti:

  1. Mazza oh, l'ho letto tutto! (Però Paolo.. la prossima volta...più sintesi!)

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  2. E' un saggio di qualche anno fa pubblicato su la rivista Lo Straniero diretta da Goffredo Fofi. E' anche troppo breve per l'argomento che tratta. Servirebbe un libro.ma servirebbe il tempo per scriverlo.paolo

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